11 febbraio 2013

Dispositivi Free Energy a magneti permanenti

Coral_Castle_Free_Energy

Nell’era del petrolio e del ritorno al nucleare, continuano ad essere completamente ignorati i dispositivi Free Energy, destinati a rimanere prototipi sperimentali non essendo opportunamente valutati dall’industria energetica. Tra questi verranno in particolar modo esaminati i meccanismi a magneti permanenti, basati su fenomeni fisici ben conosciuti senza tuttavia trovare ancora un’applicazione pratica. I dispositivi Free Energy a magneti permanenti rappresentano una prova sufficiente del continuo tentativo di occultamento della verità scientifica, attraverso la disinformazione che cerca di creare miti per renderli sempre più inapplicabili e non replicabili su larga scala. Uno dei casi in esame è quello del Coral Castle costruito secondo la leggenda nell’arco di una notte, da Edward Leedskalnin. La storia narra che conoscesse la tecnologia per annullare la gravità, tecnologia che necessita comunque di quantità elevate di energia. In ogni caso, per produrre l’energia necessaria alla realizzazione tale meccanismo facesse uso della free energy, difatti in loco sono presenti dispositivi con magneti permanenti, le cui caratteristiche sono riscontrabili in numerosi brevetti.
Howard Johnson Magnet Motor

Questi dispositivi sono stati additati da alcuni, come falsi della free energy, perché si spenderebbe dell’energia aggiuntiva per magnetizzare gli elementi; in realtà la spesa energetica e minima e confrontata con quella prodotta è decisamente irrilevante. Un dispositivo di circa 3 Kw (potenza ad uso abitativo), in funzionamento continuo produrrebbe più di 25.000 Kwh annui, e nel peggiore dei casi , cioè con elementi che si smagnetizzano nell’arco di 4 anni (sono disponibili magneti industriali con tempi di smagnetizzazione di secoli), si arriverebbe a circa 100.000 Kwh prodotti in ciclo continuo. Con una parte dell’energia prodotta sarebbe inoltre possibile ri-magnetizzare creando quindi delle condizioni di indipendenza energetica illimitata (non tenendo comunque conto dell’usura delle parti in movimento).
I brevetti sono numerosi, e quelli di più facile realizzazione, hanno una caratteristica in comune, cioè quella di mettere in movimento una girante, che metta in rotazione a sua volta un generatore elettrico come una dinamo; esempi in tal senso sono quelli di Kohei Minato e di Howard Johnson. Tali dispositivi sono costituiti da una parte statica, detta appunto statore, e una dinamica in moto relativa ad essa detta rotore, costituenti la girante. Nella quasi totalità dei brevetti entrambe le parti adottano i magneti, ciò vuol che per bloccare il movimento dovremo adottare un meccanismo che separi le parti e che interrompa quindi l’iterazione, inoltre fissate le caratteristiche fisiche e geometriche, utilizzeremo una dinamo specifica (che sviluppi cioè la giusta potenza ad uno specifico numero di giri) per evitare un numero di giri eccessivo o insufficiente.


La soluzione ci viene data da John Bedini, allo statore, vengono sostituiti delle bobine al posto dei magneti e la disposizione diventa ortogonale, cioè la disposizione magneti_statore-magneti_girante, e più precisamente bobine-magneti_girante, assume una configurazione a “T”. Non c’è più un allineamento tra gli assi vettori dei magneti, sfruttando cioè il principio base “poli opposti si attraggono, poli uguali si respingono”, ma i due elementi si allontanano l’uno dall’altro in direzione perpendicolare al piano di appartenenza dei due vettori campo magnetico (per similitudine basti pensare all’effetto giroscopico, in cui due rotazioni ne generano una terza perpendicolare ad entrambe). Inoltre interrompendo l’energia verso le bobine si può bloccare il dispositivo, e più in generale regolarlo, variando il flusso di corrente verso di esse con un potenziometro.


 
Per completare il tutto gli elementi in sequenza sono i seguenti collegati in serie:
- dispositivo Free Energy (anche se in realtà l’unico elemento free energy è esclusivamente il magnete), che muta l’energia del campo magnetico in energia meccanica;
- dinamo, che muta l’energia meccanica in energia elettrica in continua;
- batteria commerciale per automezzi, che assorbe i picchi con la capacità di accumulo, e fa si che la corrente elettrica assuma in uscita una tensione esatta di 12 Volt;
- inverter che prende in ingresso una corrente elettrica a 12 Volt in continua, e la converte a 220 Volt alternata a 50 Hz, rendendola quindi utilizzabile da apparecchi di uso comune.
L’alimentazione delle bobine può partire da due componenti:
- dalla dinamo : ciò implica una rotazione iniziale al dispositivo fatta manualmente per permettere di raggiungere il numero minimo di giri per l’auto-sostentamento. In alternativa un motore elettrico per l’avviamento collegato alla batteria. Tale alimentazione permette di massimizzare il numero di giri del dispositivo free energy e quindi la potenza massima per specifico gruppo di magneti;
- dalla Batteria: ciò implica una potenza di alimentazione delle bobine prefissata, e quindi non massimizzabile, e una capacità di regolazione limitata del numero dei giri nel caso si adotti un potenziometro; di contro nessun utilizzo di un motore per l’avviamento , ne tanto meno l’avvio manuale.
 
Considerando lo schema nella sua totalità è facile notare che è lo stesso che accomuna un impianto ad energia solare tranne che per il pannello sostituito dal dispositivo Free energy, oppure ad un gruppo elettrogeno (che chiaramente produce direttamente in alternata tramite un alternatore monofase), che ha il dispositivo al posto del motore termico.
Gruppi elettrogeni che utilizzano dispositivi free energy
 

 
Nel primo caso potremo utilizzare il dispositivo a bobine, nel secondo quello esclusivamente a magneti permanenti, sia perché le bobine vanno alimentate in continua, e sia perché l’alternatore necessita di un numero di giri prefissato per ottenere in uscita una corrente elettrica con caratteristiche specifiche. Le combinazioni per completare il sistema possono essere innumerevoli sia come componenti elettriche ed elettroniche, che numero di parti per ogni elemento. Si potrebbero utilizzare per esempio più giranti per avere elevata potenza a basso numero di giri, oppure alimentare due o più gruppi batteria-inverter con la stessa dinamo se l’energia prodotta è eccessiva, alimentando cioè più vie con lo stesso dispositivo.
Qualunque sia la soluzione, è evidente che anche piccoli produttori di gruppi elettrogeni con semplici modifiche, possono produrre dispositivi free energy, magari per uso domestico annullando la spesa delle bollette con un semplice investimento. Se gli stessi produttori li adottassero per la catena produttiva e successivamente, i fornitori che producono le componenti di queste ditte, si innescherebbe una reazione a catena che porterebbe all’abbattimento dei prezzi degli stessi e poi di qualsiasi prodotto; dei piccoli produttori potrebbero mutare nel giro di pochi anni l’intero sistema economico mondiale, con effetti anche se minimi immediati.

Per concludere è giusto chiarire, la chiave del funzionamento della generazione del campo magnetico. Esso è generato dall’etere e lo trasporta a sua volta, ma la quantità in gioco è superiore a quella utilizzata, è in tale ottica che è possibile comprendere la quantità di energia utilizzabile; ciò è stato dimostrato attraverso il dispositivo Bedini-Cole in cui il processo viene spinto al massimo, tale da poter utilizzare esclusivamente delle bobine senza alcun magnete permanente, e il cui funzionamento si protrae ormai da anni senza sosta.

Ing. Domenico Chirico

Fonte

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