L’FBI impiega 15mila agenti sotto copertura, dieci volte in
più rispetto al 1975. Si tratta davvero di un esercito di spie
addestrate ad hoc per combattere ed impedire che attentati terroristici
avvengano sul suolo americano. Ma questo esercito nasconde dei segreti,
disinnescando bombe (in senso lato e letterale) che è l’organizzazione
stessa a predisporre
Giorgia Gobbo – 26 aprile 2013 Un recente rapporto redatto dal sito Mother Jones a cura dell’Investigative Reporting Program dell’università di Berkeley (California), analizza statistiche eloquenti sul ruolo degli informatori dell’FBI negli attentati di cui esso stesso si è occupato.
Il rapporto rileva che l’FBI infiltra regolarmente agenti sotto
copertura in comunità dove si sospetta che vi siano potenziali
terroristi per orchestrarne poi l’azione effettiva. Si tratta della “Joint Terrorism Task Force”
di New York, un reparto speciale che gestisce la collaborazione tra
Federal Bureau of Investigation e forze di polizia della città.
Le cosiddette “sting operations” sono interamente
organizzate dall’FBI: informatori o agenti sotto copertura sono chiamati
ad integrarsi in comunità di “potenziali terroristi” e, sfruttando la
fragilità di giovani appartenenti a minoranze etniche (quasi sempre di
fede musulmana) li coinvolgono in improbabili trame terroristiche;
attentati, questi, che senza il supporto logistico dell’organizzazione (fatto di armi e denaro) non si sarebbero mai attualizzati.
Accade puntualmente, quindi, che l’Fbi arresta i presunti
attentatori prima che l’attentato abbia luogo, così da mantenere un
elevato stato di allerta tra la popolazione americana e giustificare
l’adozione di misure di polizia per combattere una minaccia terroristica
in gran parte fabbricata.
Emblematico fu il caso di Quazi Mohammad Rezwanul Ahsan Nafis, uno studente 21enne del Bangladesh, accusato di avere progettato un attentato con autobomba contro la sede della Federal Reserve di New York.
Nafis viveva negli Stati Uniti da gennaio con un visto studentesco e
dopo un semestre in un college del Missouri si era trasferito a New
York, dove aveva trovato un lavoro a tempo pieno in un hotel della
città.
Secondo l’FBI, il giovane cittadino del Bangladesh avrebbe avuto intenzione di far saltare in aria, davanti alla sede di New York della Banca Centrale americana, un veicolo con quasi 500 chili di esplosivo.
L’episodio è noto in tutto il mondo. Quello che molti non sanno,
però, è che l’intero progetto terroristico attribuito a Nafis è stato
in realtà una messa in scena delle forze di polizia federali, senza la
cui istigazione e la minaccia non avrebbe mai visto la luce.
A sostegno di questa ipotesi, lungi dall’essere una delle teorie
cospirazioniste molto in voga ed accolte con ricca dose di scetticismo,
ci sono prove schiaccianti che non hanno destato l’attenzione che invece
avrebbero meritato: sul furgone scelto per l’attentato era stato
caricato del finto esplosivo, così come inutilizzabile era il
dispositivo a distanza fornito al giovane bengalese per innescare la
detonazione.
Tutto il materiale necessario per l’attentato, compreso il trasporto
dell’automezzo nel luogo prescelto, è stato fornito a Nafis da agenti
sotto copertura facenti parte della Joint Terrorism Task Force.
A buttare benzina sul fuoco di questa ingiustizia, le autorità del
Bangladesh hanno annunciato di avere interrogato parenti, ex insegnanti e
compagni di scuola di Nafis, senza trovare traccia di un suo
coinvolgimento nelle attività di gruppi estremisti. Questo fa cadere
l’esito della vicenda fornito dall’Fbi, che vedeva il ragazzo come un
servitore di Al-Qaeda.
Ma Nafi non rappresenta un caso isolato. L’FBI ha utilizzato
informatori sotto copertura per preparare e poi sventare diversi dei più
grandi e potenziali attacchi di questi ultimi anni. Anzi, secondo
quanto ha rivelato un ex ufficiale di alto rango dell’FBI a Mother
Jones, si può dire che, salvo tre eccezioni, tutti i complotti
terroristici sul suolo americano dopo l’11 settembre 2001,
sono stati organizzati grazie ad infiltrati che hanno istigato,
informato ed equipaggiato degli estremisti per poi attualizzare gli
attentati.
Le eccezioni sono Najibullah Zazi, che quasi fece saltare in aria la
metropolitana di New York nel settembre 2009; Hesham Hadayet Mohamed, un
egiziano che ha aperto il fuoco contro la biglietteria El-Al
all’aeroporto di Los Angeles e Faisal Shahzad, l’attentatore di Times
Square.
Episodi di terrorismo pilotato ammontano ormai a svariate decine da quando Obama si è insediato alla Casa Bianca. Ci si può domandare se anche per la maratona di Boston possa
valere un discorso analogo; il governo americano ha iniziato da qualche
tempo ad utilizzare questo sistema anche per colpire gli oppositori
interni.
Fonte
Nella
peggiore tradizione cinematografica cui Hollywood ci ha abituato,
abbiamo assistito nei giorni scorsi allo spettacolo di una città –
Boston – completamente blindata, con il coprifuoco, da cui nessuno
poteva uscire né entrare.
Proprio
Boston – la città da cui è partita la rivoluzione americana contro il
potere dei reali d’Inghilterra, sarà un caso? – il primo germe della Land of the Free, è diventata ostaggio di CIA ed FBI, sotto legge marziale e con irruzioni violente nelle case private.
9.000
uomini - comprese le famigerate forze speciali SWAT – pesantemente
armati hanno paralizzato completamente la città in una caccia all’uomo
in cui i ricercati sono stati indicati aprioristicamente come colpevoli dell’atto terroristico, dando così la stura a una nuova ondata di islamofobia.
Un esperimento di legge marziale e di occupazione militare di un’intera città.
I
cittadini hanno potuto sperimentare come i diritti civili non abbiano
alcun valore di fronte alle pretese motivazioni di sicurezza nazionale,
cosa che si ripete ormai a scadenze regolari nella storia recente di
questo Paese.
Ma la scala in cui questa occupazione manu militari di Boston si è svolta è superiore a qualsiasi altra nel passato e fa pensare ad una prova generale di possibili operazioni future.
Basta evocare una minaccia terrorista, straniera o domestica, reale o fittizia - come le famigerate weapons of mass destruction di Saddam che si rivelarono una colossale bufala – che la propaganda governativa rilanciata dai media mainstream batte la grancassa del patriottismo costi quel che costi.
A quel
punto il cittadino scopre di non aver più diritti civili, di essere di
fatto prigioniero in casa propria e soggetto a qualsiasi possibile
violenza da parte delle forze speciali che perquisiscono casa per casa
alla ricerca del terrorista di turno.
Quanto
ai due fratelli Tsarnaev, cui fin dall’inizio è stata gettata addosso
la croce della colpevolezza, ora stanno emergendo fatti a dir poco
inquietanti: in una intervista alla BBC (1) la madre di Tamerlan e
Dzhokar sostiene che l’FBI – che li teneva d’occhio da ben 5 anni come
presunti sovversivi – avesse sempre saputo benissimo dove fossero.
Infatti
emergono ora degli elementi seri a indicare come l’FBI sapesse già da
tempo che Tamerlan Tsarnaev fosse un “islamico radicale” dal 2010, in
quanto messa sull’avviso dal governo russo ancor prima del viaggio di 6
mesi del giovane ceceno nel suo Paese d’origine (2).
Eppure
l’FBI aveva dichiarato immediatamente dopo il massacro della maratona
che ignorava l’identità dei due sospetti, chiedendo anzi alla
popolazione di aiutare gli investigatori a trovare i colpevoli
dell’attentato.
Non
solo: la CBS ha riportato che l’FBI aveva addirittura negato di aver
avuto qualsiasi contatto con i due fratelli. Messa successivamente alle
strette dai giornalisti – viste le notizie che iniziavano a trapelare -
l’agenzia investigativa ha dovuto confessare di averli interrogati già
nel 2011, ammettendo alla fine di conoscerli bene e di averne seguito da
tempo le mosse.
I media
russi hanno inoltre confermato che i servizi russi avevano nuovamente
contattato l’FBI nel novembre dell’anno scorso a proposito di Tamerlan
(3).
Anche
il padre dei due fratelli, Anzor, afferma in un’intervista alla Reuter
che agenti dell’FBI erano già venuti a casa loro a Cambridge,
Massachusetts, almeno cinque volte a cercare Tamerlan.
Vi sono, come si vede, ancora molti lati oscuri della vicenda e – conoscendo tristemente le recenti vicende di false flag stile Twin Towers e di patsies
(capri espiatori) stile Oswald – essi resteranno oscuri ancora per
lungo tempo, ma una cosa è certa: sia stato o meno un atto terroristico
autentico - e non costruito ad arte con dei capri espiatori che erano
in realtà agenti che facevano il doppio gioco come sostengono ora gli
israeliani della Debka (4) – esso è stato usato dal governo come
pretesto per una escalation ed una prova generale di applicazione di legge marziale e di repressione interna.
Cosa c’è dietro?
Un voler
saggiare la reazione della popolazione verso un nuovo ‘pericolo
islamico’? Il preparare la strada a nuove crociate contro stati-canaglia
come quelle cui ci ha abituato tristemente l’era Bush?
I prossimi giorni ce lo diranno.
Il punto sembra essere comunque questo: la ‘War on terror’
deve venir alimentata regolarmente dal consenso popolare, così che
milioni di americani ritengano indispensabile un apparato
militar-poliziesco orwelliano mentre le corporation delle armi, delle ricostruzioni post-belliche e del petrolio continuano a fare profitti multimiliardari.
Lo spettro del terrorismo viene sbandierato ad arte – quando non direttamente creato dai servizi – dai media, che sono il vero e proprio ministero della propaganda
del regime, proprio per catalizzare i sentimenti di sdegno e di dolore
del popolo davanti alle stragi di innocenti, come abbiamo ben potuto
sperimentare anche noi in Italia con la nostra ‘strategia della
tensione’.
Prima i
sovietici, poi i vietnamiti ed ora gli islamici sono il nemico di cui ha
bisogno il mostruoso apparato militare USA per poter tenere soggiogato
il mondo e il proprio popolo, con la sospensione dell’Habeas Corpus, dei diritti civili, con gli assassini mirati con i droni e con il potere praticamente senza limiti assegnato all’‘Homeland Security’.
Un conferma indiretta viene, d’altra parte, dalle stesse parole di quel generale Tommy Franck, che guidò l’invasione dell’Iraq nel 2003, alla ricerca di fantomatiche armi di distruzione di massa, secondo il quale le stragi di civili sono necessarie
per dar vita alla consapevolezza della gente e per canalizzare
l’appoggio popolare alla ‘guerra globale al terrorismo’ attraverso la
militarizzazione del Paese, in modo da evitare altri episodi del genere.
(5).
Cosa aggiungere a questa delirante dichiarazione di intenti?
(1) http://www.youtube.com/watch?v=V5PCECrGHRg&feature=player_embedded
(2) http://online.wsj.com/article/SB10001424127887324763404578433113880189762.html
(3) http://www.dailymail.co.uk/news/article-2312496/Tamerlan-Tsarnaev-Russia-asked-FBI-investigate-Boston-bomber-just-6-MONTHS-ago.html
(4) http://www.debka.com/article/22914/The-Tsarnaev-brothers-were-double-agents-who-decoyed-US-into-terror-trap
(5) “[A]
terrorist, massive, casualty-producing event [will occur] somewhere in
the Western world – it may be in the United States of America –that causes our population to question our own Constitution and to begin to militarize our country in
order to avoid a repeat of another mass, casualty-producing event.”
(General Tommy Franks Interview, Cigar Aficionado, December 2003)