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19 gennaio 2014
Nuova scoperta avvalora la teoria della vita dopo la morte
NEW YORK (WSI) – Negli ultimi anni la fisica sta assistendo a una piccola rivoluzione, con gli scienziati che hanno iniziato a interpretare la coscienza come una cosa effettiva, al pari di un solido, un liquido o un qualsiasi oggetto.
Una rivisitazione di una controversa teoria sulla sopravvivenza della coscienza dopo la morte sostiene che questa derivi dai livelli più profondi del cervello, dalle attività che avvengono all’interno dei neuroni celebrali.
Su Wall Street Italia avevamo già parlato di una teoria suggestiva riguardante la vita che non terminerebbe con la morte del nostro corpo, ma invece andrebbe avanti per sempre, tramite la nostra coscienza.
Ora grazie alla scoperta dell’esistenza di vibrazioni quantistiche nei microtubuli presenti all’interno dei neuroni cerebrali, pubblicata dalla rivista Physics of Life Reviews, un team di studiosi è riuscito in qualche modo ad avvolare l’ipotesi suggestiva del dottore di biogenetica ed esperto di fisica quantistica Roberto Lanza, prima ancora di quella effettuata 20 anni fa da Stuart Hameroff e Roger Penrose.
Anirban Bandyppadhay, dottorando del National Instituite di Scienze Naturali a Tsukuba, in Giappone, e ora al MIT di Boston, a capo della squadra autrice della nuova scoperta, suggerisce che le onde cerebrali EEG derivano da profonde vibrazioni microtubulari e, che da un punto di vista pratico, modificando queste vibrazioni si potrebbero migliorare una serie di condizioni mentali, neurologiche e cognitive.
I microtubuli sono i principali componenti dello scheletro strutturale delle cellule.
La teoria, chiamata “orchestrated objective reduction” (“Orch OR”), era stata proposta per la prima volta a metà degli Anni 90 proprio da Roger Penrose, eminente fisico matematico, e dall’anestesista Stuart Hameroff. I due osservarono che le vibrazioni quantiche nei microtuboli sono “orchestrate” da ingressi sinaptici e memorizzati in microtuboli.
La teoria è stata duramente criticata, in quanto il cervello veniva considerato troppo “caldo, umido e rumoroso” per processi quantistici apparentemente così delicati. L’evidenza, tuttavia, ha poi dimostrato il contrario, prendendo come esempi la fotosintesi delle piante, il cervello degli uccelli quando navigano, il nostro senso dell’olfatto e i microtubuli cerebrali.
La scoperta suggerisce inoltre che i ritmi EEG derivano dai livelli più profondi delle vibrazioni microtubolari. Inoltre l’anestesia, che cancella in modo selettivo la coscienza risparmiando le attività del cervello non coscienti, agirebbe attraverso microtubuli nei neuroni cerebrali.
Hameroff e Penrose scrivono che “l’origine della coscienza riflette il nostro posto nell’universo, la natura della nostra esistenza. La domanda da farsi è: la coscienza si è evoluta da complessi calcoli tra i neuroni del cervello o invece è la coscienza stessa, in qualche modo, a starci sempre accanto”, come il guscio di una tartaruga e come sostengono gli approcci spirituali?
“Queste domande potenzialmente aprono un vaso di Pandora, ma la nostra teoria ospita entrambi i punti di vista, suggerendo che la coscienza deriva da vibrazioni quantiche in microtubuli (polimeri di proteine all’interno dei neuroni del cervello), che gestiscono le funzioni neuronali e sinaptiche e che collegano i processi cerebrali a processi di auto-organizzazione”.
Potrebbe questa ancora misteriosa entità – la coscienza – sopravvivere nell’universo anche dopo la morte fisica del corpo e del cervello?
Dopo 20 anni di scetticismo e controversi studi in ripetizione, gli ultimi risultati arrivano alla conclusione che “i bit quantistici, o anche “qubits”, di cui tratta la teoria Orch OR, sono percorsi elicoidali in reticoli microtubolari”.
I risultati permettono di respingere le critiche mosse sin qui, oltre che di rivedere le 20 previsioni della teoria Orch OR pubblicate nel 1998. Di queste, sei sono state confutate e nessuna respinta.
La conclusione è che la coscienza gioca un ruolo attivo intrinseco nell’universo.
Fonte: wallstreetitalia
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